Terza Età, Istruzioni per l'uso: l'Ageismo – Ada Nazionale
Il termine ageismo fu coniato nel 1969 dal medico gerontologo Robert Butler. La definizione fa riferimento all’alterazione delle credenze, sentimenti e comportamenti nei confronti di soggetti che appartengono ad una fascia di età diversa dalla propria. Attualmente il termine ageismo è usato principalmente per descrivere il processo di discriminazione nei confronti degli individui anziani che vengono descritti come persone meno capaci e meno attraenti o produttivi rispetto ai più giovani. Gli anziani vengono generalmente etichettati per consuetudine in modo negativo enfatizzando la loro fragilità, la loro dipendenza e la loro l’inutilità. Questa percezione della vecchiaia come un periodo di declino inesorabile contribuisce ad alimentare un circolo continuo di marginalizzazione ed esclusione. La consapevolezza di questa differenziazione per classi età può favorire inoltre l’interiorizzazione dello stereotipo negativo accelerando il calo dell’autostima dei soggetti in età avanzata e di conseguenza i naturali processi dell’invecchiamento. L’ageismo generalmente si manifesta su quattro livelli. L’ageismo istituzionale che si riferisce al modo in cui le leggi e le norme sociali creano svantaggi per gli individui a causa della loro età limitandone le opportunità. L’ageismo interpersonale che si manifesta nelle relazioni tra gli individui quando si ignorano i punti di vista delle persone più anziane e le loro convinzioni o si parla con loro in modo molto semplice ed accomodante. L’ageismo autodiretto che si manifesta quando gli stereotipi negativi sulla vecchiaia sono stati introiettati dentro di sé inducendo le persone a credere che con la loro età non siano più in grado di apprendere niente di nuovo. Il soggetto può quindi anche sviluppare un classico sentimento di rassegnazione rinunciando ai comportamenti preventivi nel campo della salute. L’ageismo digitale in riferimento agli ipotetici pregiudizi esistenti sulle difficoltà insormontabili che vivono gli anziani nell’apprendere l’uso del computer. La vecchiaia viene quindi tendenzialmente descritta come una condizione di inesorabile declino fisico e cognitivo, di peso sociale e tristezza, di isolamento e di conseguente asessualità. Questi pregiudizi incidono sugli aspetti motivazionali e sul raggiungimento degli obiettivi personali impedendo la promozione di quello che viene definito l’invecchiamento attivo. Secondo il Rapporto Globale sull’Ageismo presentato il 18 marzo del 2021 dal Comitato Economico e Sociale Europeo in collaborazione con l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) il 42% della popolazione europea avverte la presenza di una discriminazione legata all’età nel proprio paese. L’OMS ritiene che tra le varie tipologie di discriminazione l’ageismo sia la più frequente, persistente e socialmente accettata come risulta evidente dalla sua assenza dai dibattiti pubblici se non apparire in prima pagina nei casi eclatanti di maltrattamenti agli anziani. Si stima che vi siano ben 6.3 milioni di casi di depressione nel mondo attribuibili all’ageismo oltre a fenomeni di abusi sulle persone anziane pari al 13,5 della popolazione mondiale. Dal punto di vista clinico i grandi anziani sono considerati troppo vecchi e costosi non solo per ricevere le cure più avanzate, da cui trarrebbero maggiori benefici, ma anche per essere inclusi nella sperimentazione di nuovi farmaci essenziali per curare le loro patologie. Queste condotte si riflettono sulla percezione negativa del proprio invecchiamento spingendo la persone a rinunciare all’aderenza alle terapie, agli screening periodici ed ai comportamenti preventivi. La scelta delle cura non va fatta in base all’età anagrafica, escludendo per ragioni economiche i più anziani e fragili, ma al contrario deve essere aumentata la loro inclusione nelle sperimentazioni cliniche che testano gli interventi potenzialmente più utili, accertando gli effetti positivi in relazione alla malattia e alla sopravvivenza ma anche e soprattutto alla qualità della vita. Il coinvolgimento degli anziani nello sviluppo delle nuove tecnologie sanitarie compresa l’Intelligenza Artificiale può aiutare a sviluppare strumenti che consentano anche a chi è più avanti con gli anni di beneficiare di strategie di assistenza innovative. Il premio Nobel Rita Levi Montalcini infatti concludeva spesso le sue conferenze sul tema della geriatria affermando: “Non è importante aggiungere anni alla vita, ma vita agli anni”.