Terza Età, Istruzioni per l'uso: Caffè Alzheimer – Ada Nazionale
La malattia di Alzheimer è la forma più comune al mondo di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio presenile. Il 21 settembre si celebra ogni anno la giornata mondiale dell’Alzheimer mirata a sollecitare politiche sanitarie coordinate a livello internazionale sia nel campo della prevenzione che della cura. La recente ricerca medica è mirata ad individuare precocemente i primi sintomi della malattia permettendo quindi diagnosi e cure sempre più precoci. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) certifica che oltre 55 milioni di persone convivono con questa patologia che rappresenta una delle principali cause di non autosufficienza al mondo tra gli anziani. Nel report della Lancet Commission pubblicato nel 2024 si conclude che circa il 50% dei casi di Alzheimer potrebbe essere evitato agendo a livello preventivo su 14 fattori di rischio quali ipoacusie, bassa istruzione, depressione, perdita della vista, inattività fisica, diabete, abuso di alcool, ipertensione, ipercolesterolemia, fumo, obesità, traumi cranici, inquinamento atmosferico ed isolamento sociale. In Italia secondo l’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità i malati di Alzheimer sono circa 600.000 ed il numero è in costante aumento con il crescere dell’età media di vita. L’assistenza a questi soggetti coinvolge con gravi problemi di gestione della malattia, altamente invalidante sia a livello fisico che relazionale, circa 4.000.000 di persone. La ricerca medica sta sviluppando nuove terapie lavorando principalmente sulla individuazione dei marcatori della malattia che permettono di effettuare diagnosi e cure precoci. Una particolare attenzione va riservata all’aiuto e al sostegno da dare alle famiglie. Pesa sulle loro spalle un costo sociale elevatissimo mancando punti di riferimento sul territorio nazionale ad eccezione di quelli sostenuti dalle associazioni dei pazienti. In riferimento al problema sociale (sostegno) sono nati da qualche anno, e stanno crescendo costantemente di numero, centri di aggregazione per problemi legati alla malattia denominati “Caffè Alzheimer”. I locali sono generalmente ospitati in centri sociali, in parrocchie, in circoli culturali o sedi di associazioni di volontariato. L’accesso è libero e può essere promosso attraverso i servizi socio sanitari delle Asl. I “Caffè Alzheimer” nascono come centri nei quali è possibile promuovere e coordinare attività socio-sanitarie per condividere i problemi derivanti dalla malattia alleviando il peso dell’assistenza h24 per i famigliari. I lavori svolti variano dall’attività fisica quali la ginnastica dolce, yoga, thai ci, a quelli ricreativi quali disegno, pittura, teatro e musica. Nelle strutture inoltre gli psichiatri ed i psicologi svolgono con i pazienti attività mirate al potenziamento cognitivo valutando gli eventuali miglioramenti e modulando le terapie alle condizioni del singolo. Questa attività terapeutica dimostra come i centri non svolgano una semplice attività di parcheggio dei malati ma contribuiscano alla loro cura diminuendo i sintomi depressivi sia per il malato che per i parenti che lo curano. I “Caffè Alzheimer” sono nati nel nord Europa negli anni 80 del novecento e sono iniziati ad attivarsi Italia nel 2008 su iniziativa del professor Marco Trabucchi. Attualmente sul territorio nazionale sono presenti 50 “Caffè Alzheimer”. Essendo i costi della gestione strutturale non molto alti, attingendo al Fondo Alzheimer nazionale e al Fondo Sanitario in breve tempo si potrebbe arrivare a costituirne minimo una decina a regione. Ultimamente per avere fondi per la loro costituzione la Fondazione Maratona Alzheimer ha scritto alla Presidente del Consiglio chiedendo di inserire i “Caffè Alzheimer” nella rete dei servizi territoriali e sanitari. Le associazioni di volontariato, per la loro conoscenza del territorio dove operano, possono essere grazie alla partecipazione ai progetti socio-sanitari gli attori principali utili ad incrementare la presenza dei “Caffè Alzheimer” in Italia.